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Mimmo Vitale - il marinese

apparato critico

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Ottu Marzu, ottu di matina - Ignazio Buttitta

Ottu Marzu, Ottu di matina:
u celu
u golfu di Palermo
e u suli chi spicchìa e vola
assicutatu du sblinnuri
nmenzu i pampini e l’arbuli
ca svampano focu nna terra.
Ottu marzu, l’ottu di matina
E aceddi chi passanu unniannu
A fili d’aquila e cantanu.
Io cca, sulu, giuvini e vecchiu
Cu l’occhi o celu, mpinti,
davanti u misteru da natura.
Ora arrivò Mimmu:
chiama
trasi
saluta:
parra cu a vuci di pitturi du populu
(nno sensu gramiscianu); e oltre stu significato,
si è figghiu du populu
e ciulia a lingua chi ci ncignò so matri:
a lingua ca mi ncanta
si a scrivu e si a parru.
Sunnu deci anni chi u canusciu
E mi pari d’avillu canusciutu sempri...
Nprincipiu era naif
n’aceddu nno nido, piguliava;
poi ci fici i pinni
l’ali
a gorgia
e cuminciò a cantari a vuci china.
Ottu marzu, l’ottu di matina,
iddu parra io ascutu:
e ntamentri
penzu a na matina comu chista
mentri caminu senza pedi
nmenzu i ciuri du me jardinu.
Ci penzo cu trivuliziu e gioia:
vita e morti sunnu a stessa cosa,
Mimmu a sapi e cuntinua a parrari.
A so vuci d’oggi
e chidda cchiù forti di dumani:
mi pari di sintilla...
Ignazio Buttitta
Aprile 1983

La prima mostra a Palermo - Giuseppe Servello

Mimmo Vitale

Al«Circolo della Stampa» una mostra di Mimmo Vitale permette di fare un pò il punto su questo appassionato autodidatta. Le sue opere sono, con tutta evidenza, il risultato di una lunga fatica e di una precisa scelta. I colori vivaci e la predilezione per certe prospettive lo identificano già con notevole sicurezza.
Senza sbandare da un «ismo» all’altro, il Vitale ha compiuto i passi più difficili cercando di trasferire dentro spazi ampi o conclusi il senso della sua disposizione visiva. La materia è tratta con larghezza, il discorso fila via con chiarezza e spesso raggiunge il risultato che si era proposto. Soprattutto si avverte che il pittore tende a sintetizzare le sue emozioni, senza lasciarsi abbacinare da facili risultati.
Questo puntare sulla carta alta è un segno di concretezza, che consente di concedergli altro credito. Il consenso del pubblico per questo genere di pittura lo può dunque stimolare verso una più marcata e originale conclusione.
Giuseppe Servello
Giornale di Sicilia
06/06/1969

Sicilia metafisica - Melo Freni

Sicilia metafisica

L’irruenza dei colori è tale da indurre a giudizi sommari, oppure, unica possibile alternativa a soffermarsi con autentico interesse critico, per identificare nel mondo dell’artista gli elementi che anche a prima vista esprimono una ricerca ed un travaglio che ad un superficiale non sarebbero possibili.
Così ci si accorge che Vitale ha un suo discorso da fare, un discorso che sebbene appena cominciato in maniera ufficiale mostra già caratteri della non occasionalità.
Ciò che maggiormente Vitale sottolinea è una sorta di Metafisicità Siciliana nella quale il segno di un paesaggio o di una figura umana viene riscattato dalla propria stessa realtà della pennellata vibrante e sanguigna.
Quando Vitale arriverà al momento, e non dovrebbe essergli lontano, della fusione di questi due elementi in materia completa avvertirà lui stesso quell’appagamento alla cui ricerca è impegnato e per il quale sinceramente confessa la sua costruttiva sofferenza. Va a suo merito tra l’altro di non avere privato il visitatore romano delle possibilità di raffrontare le sue prime opere antecedenti al ‘70, a queste ultime.
Interessante e pertinente alla generale utilità del suo discorso l’aggiunta della parte grafica.
Melo Freni
Paese Sera
07/12/1971

Alla galleria Mioccio la Sicilia di Vitale - Ignazio Mormino

Alla galleria Mioccio la Sicilia di Vitale

Nella sua nuova sede di via Sant’Agnese 4, la galleria Mioccio ospita una bella mostra del pittore siciliano Mimmo Vitale, noto anche come il Marinese.
Le opere esposte tendono al Surrealismo: un surrealismo molto personalizzato; ma in Vitale c’è anche l’amore per la terra, rappresentata con colori spesso scuri, che ogni tanto si illuminano di squarci rosa, come se all’improvviso la luce tornasse ad illuminare un’antica disperazione.
Ciò che maggiormente colpisce, in queste opere, è la sincerità, l’onestà dei contenuti. Fra tanti improvvisatori, fra tanti dilettanti, Mimmo Vitale s’impone e si distingue come un professionista ispirato, sempre capace di dare significati poetici alle sue tele.
Segnaliamo in particolare alcune opere che della Sicilia contengono umori e profumi; ma segnaliamo nel suo insieme la mostra che merita una visita attenta.
Il programma della Galleria Mioccio, che opera in un quartiere signorile, è certamente qualificato. La mostra di Vitale lo conferma.
Ignazio Mormino
Il Giornale
Marzo 1979

Il Marinese - Antonio Maria Di Fresco

Il Marinese

A leggere quel trionfante «il Marinese» che Mimmo Vitale tiene a collocare dietro il proprio nome, penseresti ad una pittura legata ad un ambiente. Penseresti, essendo Marineo un paesino del palermitano, a dei fichidindia di guttusiana memoria, a dei contadini coi volti tristi.
Niente di tutto questo, invece, nelle tele di Mimmo Vitale. Una coerente distribuzione del colore, nelle sue più diverse tonalità, nelle sue più sfumate ombre, nelle sue più miti luci, caratterizza ogni suo quadro. E nella paziente stesura degli impasti cromatici, trovi il senso di questo pittore, 40 anni di candore racchiusi negli spazi delle tele.
A fronte del detto «la vita comincia a 40 anni», Mimmo Vitale ha raggiunto il suo momento filosofico, il suo «meminisse juvabit» rivolto ai perché dell’esistenza e del suo divenire. Che cosa non sono, infatti, quegli squarci che Vitale colloca in alto, alla destra di quasi tutte le sue composizioni, se non l’ansia di percepire nuovi significati alla pesante condizione di vivere alla giornata, senza chiedere che cosa, prima o dopo di noi, esiste?
In questo senso,Vitale affronta il tema dell’uso sociale della vita in modo del tutto personale, rapportando la propria dimensione di uomo al respiro dell’universo, alle ali invisibili della conoscenza di se stesso e, forse, degli altri.
C’è un poeta che ha detto: la morte si sconta vivendo. Mimmo Vitale ha fatto tesoro dei versi di Ungaretti, li ha ribaltati nella propria coscienza, affrontando la sfida con l’arte, in un crudele gioco tra il carnefice e la vittima. Guardiamo le queste tele del «Marinese» e questa volta — adesso sì — soffermiamoci su questo paesino, aggrappato ad una rocca, come un bambino al seno della madre.
Mimmo e Marineo sono l’uno e l’altro, scambiandosi e ritornando se stessi, contemporaneamente. Il brumo paesaggio del «natìo borgo selvaggio» ritrova intatto, nelle tele di Vitale, il nascosto splendore di un passato che il «suo» pittore trasfigura in momenti di assoluta dolcezza tonale, in un messaggio eterno e senza confini.
D’altra parte, ha detto il sociologo della comunicazione Marshall Mac Luhan, il mondo è ritornato ad essere un villaggio.
Antonio Maria Di Fresco
Febbraio 1979

Quel senso di silenzioso dolore - Franco Grasso

Quel senso di silenzioso dolore

Il territorio che si stende dalla fertile vallata dell’Eleuterio — sulla quale si affaccia la casa-studio di Mimmo Vitale — sino al castello angioino diruto e alla rocca aguzza che domina le case di Marineo, contiene in gran copia e inalterati dal tempo quei tipici elementi paesistici che hanno ispirato il vedutismo del primo Ottocento ed il naturalismo dei pittori del secondo Ottocento; né mancano le memorie storiche dei fasci siciliani qui sanguinosamente repressi e delle più recenti lotte contadine che la pittura realista ha celebrato.
Ci si doveva quindi aspettare che l’artista marinese seguisse anche lui quel filone che tanta parte ha avuto nella cultura figurativa siciliana; ed invece egli compie — con mezzi propri che tenacemente va conquistando — lo sforzo di uscire dal tradizionale naturalismo, dal descrittivismo ormai abusato, di pervenire ad una visione sintetica del paesaggio e della figura umana, semplificando e stilizzando le forme, chiudendole in zone definite entro le quali si giocano gli accordi tonali.
Anche dalla visione realistica dunque Vitale si distacca; ma non per questo egli allenta i legami con la terra e con la vita che in essa si svolge, espressi però con quel senso di silenzioso dolore, in quel mare di solitudine che è il mondo nel quale egli è cresciuto e che domina ancora in tanta parte dell’isola l’esistenza dell’uomo siciliano.
Franco Grasso
Febbraio 1980

Levità e rigore - Clotilde Paternostro

Levità e rigore

Una sequenza paesaggistica nell’originalità dell’impostazione compositiva: accentrare nello spazio sferico, delineato e fuoriuscente dalla campitura scura, tutti gli elementi — mare, monti, case, vele, uomini — costituenti la composizione stessa. Una formula elegante decorativa se vogliamo, ma motivo figurale che, nella giusta misura o ritmica partizione degli elementi trova, equilibrio e validità pittorica.
Mimmo Vitale (il Marinese) espone a Roma nella galleria d’arte di via Margutta, 85, queste particolari vedute, combinazioni di più elementi che poste in successione o sequenza celebrano, come immagini di (lanterna magica) la terra d’origine del pittore, la Sicilia e le sue componenti naturali etniche culturali.
Un quid calligrafo infine da (stampina) cinese (orientaleggiante anche il gusto della rappresentazione e l’impostazione figurale) aggiunge un tocco di grazia, ad una composizione fatta di levità e rigore.
Clotilde Paternostro
L’osservatore Romano
30/11/1981

Un senso di fine eleganza - Giuseppe Masi

Un senso di fine eleganza

Un senso di fine eleganza sprigionano le movenze pittoriche di Mimmo Vitale. Una tenacia espressiva, la sua, che interessa per la freschezza dei colori, per le tinte nette e nitide e soffuse come per graduato dosaggio, per la stesura sicura e decisa che trapela una meditazione di fondo che all’autore guida la mano nel farla attenta ad esitare delle ponderate formazioni le quali per la singolarità del loro essere, non consentono digressioni che non abbiano una precisa valenza ai fini della rappresentazione estetica.
I lavori di Mimmo Vitale concludono delle atmosferiche dimensioni in cui la insistenza del dato realistico o la compresenza dell’elemento umano o animale o vegetale, riguardati in una sorta di lontananza-vicinanza, si trovano come sospesi in un ideale spazio sotteso all’infinito.
Certamente alla base dei suoi dipinti ci sono idee e motivi generatori che, con la consapevolezza dei valori espressivi che ne rivengono, determinano quella sua esclusiva forma architettonica in cui oggetti, cose e persone fluiscono in una ingegnosa divisione di spazi sostenuta da un equilibrato rapporto di volumi magistralmente manipolati in funzione della scena imbastita.
Giuseppe Masi
Sicilia Oggi - 1981

Quelle strane radici - Maria Teresa Palitta

Mimmo Vitale: Le perle del marinese

Difficilmente capita di dover dire di un pittore: «è straordinaria - mente se stesso»! Mimmo Vitale la nota dominante la esegue in chiave di colore attraverso aspetti di luce che, spesso, vorremmo che fossero, e lo sono sebbene la nostra visuale di rado riesca a captarne l’essenza. In Vitale è facile captare l’essenza poiché emerge attraverso una sincronia di immagini scarne e tuttavia animate della sintesi logica, che esprime ciò che deve dinanzi allo spettatore amante e conoscitore della vera arte, e pertanto avvezzo alla profondità di «radice» che in questo caso affiora come idea che precede l’azione.
Mimmo Vitale apre una parentesi: le sue opere sono perle di una sola collana; in ognuna di essa è chiara la differenza e tuttavia è necessario riflettere prima che ciò possa essere in forma definita.
E quelle strane radici, legate al tronco e al ramo, mettono a nudo l’anima delle cose, parlano dell’autore, nelle quali si identifica, nulla trascurando se non i dettagli superflui, e si potrebbe dire: radici nude, anima aperta, arte leggibile!
Lo spettatore del secolo ventesimo è stanco d’essere chiamato ad applaudire opere non leggibili, velate d’assurdo, o addirittura coperte, che nulla hanno e nulla dicono se non lo stato d’animo di chi le esegue, spesso poco amabile poiché non prezioso. A differenza delle perle del «Marinese» amabili proprio perché preziose.
Che altro si potrebbe aggiungere? Che il nostro tempo è pieno anche di solchi profondi in cui potrebbe germinare il seme dell’arte, fertilizzando un’epoca che tutto sommato ha tutto per essere grande.
Sta a noi il privilegio di suscitare la grandezza.
Maria Teresa Palitta
Novembre 1981

Il fluire continuo della vita - Antonio Collisani

Il fluire continuo della vita

La pittura di Vitale, oggi, contiene ed esprime una nuova ricerca spaziale. Non più le dimensioni del quadro impongono il limite del paesaggio o della figura: bensì il nucleo, il tuorlo, il medaglione, potrei dire con linguaggio ottocentesco, che, al centro del quadro, invita a leggerlo. Attorno è tutta una campitura monocromatica che si allarga spazialmente come un albume, per proteggere e valorizzare il tuorlo di vera vita. Qui nasce e si contiene l’opera: l’albero, il fiore, il viso, un sorriso, sono i motivi che, nel divagare lento nella tinta di fondo, appaiono, quasi fatati, allo sguardo curioso di chi osserva.
Reminescenze di cose viste e custodite per anni, splendori notturni provenienti da altre vite. Forse questi enucleamenti cromatici vengono dalla terra stessa in cui il «marinese» vive, dall’aria che egli respira.
Affacciarsi al grande balcone della sua splendida villa dopo la fatica della salita per raggiungerla, dominare e godere l’intera valle dell’Eleuterio, con il fiume che vi scorre nel fondo tagliando il cinerino degli ulivi prima ed il verde cupo degli aranci dopo, con la Moarda di fronte e la Porcara e la Cannita giù in basso sopraffatte dal mare tempestoso che ne lambisce gli orli bianchi e calcinosi per le ossa delle infinite persone che vi sono vissute e morte, è veramente una conquista.
Sembra, nel silenzio della notte, che tuttavia il ticchettio della selce che adorna l’argilla del vaso punteggiandola di rombi e losanghe sia ancora udibile dalla Moarda per segnare il fluire continuo della vita, che, come quello del fiume della preistoria più remota sino a noi e sino a chissà quando fluirà sempre, senza fermarsi mai.
Questo senso di oblio, di dolcissimo smarrimento e melanconica voglia di dormire e di destarsi poi all’improvviso per ricominciare a godere e a cantare, è nella pittura di Vitale, da questa si trasmette al fruitore perché essa è serena ed è vera e sincera nella sua «ingenuità» che a volte può apparire eccessiva se non si avvertisse subito che deriva da un’anima sensibile e appassionata.
Antonio Collisani
Aprile 1983

Il poeta del cuore - Jean Masse

Vitale Il Marinese: il poeta del cuore

A Sainte Sigolene on retrouve une peinture, oeuvre de Mimmo Vitale “il Marinese”. Celui-ci fait la fierté de cette cité dont avec lui il fait connaitre ce nom a Istanbul comme a Varsovie, pour n’evoquer que ses dernieres expositions. Il utilise une technique des plus raffinée et aux effets captivants, mais on admire ègalement ses aquarelles aux touches incomparables».

Esordisce con queste parole Jean Masse, critico d’arte del quotidiano francese “La Tribune”, che, venuto in questi giorni in Sicilia, nel quadro degli scambi culturali tra le comunità gemellate di Sainte Sigolene e Marineo, ha dedicato all’artista marinese un servizio la cui traduzione viene appresso riportata.
«Mimmo Vitale ha maturato esperienze umane e tecniche come uomo nel lungo e difficile cammino dell’esistenza, come artista nell’esercizio meticoloso ed appassionato di laboratorio e, proprio attraverso l’attenzione introspettiva e la traslazione di sentimenti e sensazioni nel miracolo rappresentativo del colore, ha trovato pieno equilibrio il suo travaglio interiore».
Una vicenda, quindi, vissuta verso itinerari sofferti, quelli della vita e dell’arte, nella verifica quotidiana della sua vocazione e della graduale conquista di adeguati strumenti espressivi.
Alieno da tentativi di cerebrale mistificazione e dal manierismo di moda, egli, nella sua ultima produzione, ha volutamente abbandonato l’ambito dell’acrilico per lavorare d’istinto, con foga da vero poeta del colore, nell’autentica libertà dell’acquerello. Si nota subito, nel rapido e quasi aggressivo procedere delle pennellate, la sua bravura senza che l’artista sia sceso mai un attimo nel mestiere.
Innamorato della natura, il pittore vi si immerge con intensa sensibilità fino a farne il presupposto spirituale del momento compositivo. Ecco perché ama rifugiarsi in quell’angolo di pace, nella campagna di Roccabianca, da dove il suo sguardo può spaziare sull’ampia vallata dell’Eleuterio e spingersi verso la linea di orizzonte segnata dall’azzurro mare di Sicilia.
Ma la suggestione memoriale di questa visione si rende spesso trasparente al messaggio di una sofferta umanità, cui l’introspezione profonda ne riflette il significato: solitudine e malinconia trasfigurate meravigliosamente negli squarci di intensa luminosità del castello Aragonese di Marineo, o in quello Arabo di Misilmeri; ansia di pace interiore ed aneliti di libertà sia nelle accensioni coloristiche dei fiori che nel rapido librarsi delle rondini; ricerca di realtà segnate e di illusioni vissute sullo sfondo di rarefatte atmosfere evocative.
Le note cromatiche,calde e limpide conferiscono vivezza ed evidenza alle figurazioni, così il «nudo» che, senza suggestioni di sperimentalismi di avanguardia, il pittore realizza quasi come catarsi da tabù ancestrali.
L’umile cronista è ritornato ad Yssingeaux con bagaglio di dolci ricordi: fra questi non dimenticherò certamente la straordinaria freschezza espressiva degli acquerelli di Vitale e soprattutto la sua capacità di saper coagulare nel magma del colore precise sensazioni spirituali ed umane.
Jean Masse
La Tribune
7/11/1984

Un Marinese in Europa - Francesco Carbone

Vitale «il Marinese» e la Comunità europea

La presente mostra che inizia (o alterna) un nuovo ciclo produttivo di Mimmo Vitale «Il Marinese», assume in questa occasione due precisi significati: quello che riguarda la sua nuova proposta pittorica, e l’altro che si fa carico di una maggiore e più assestata conseguenza socio-culturale rispetto alla particolare occasione in cui si inserisce la rassegna stessa.
Intanto la nuova ricerca. Insistito nel libero spazio dell’atmosfera, il dato figurativo di Vitale ha levitato sinora globi terrestri, trasparenti ed eterei nel loro silenzioso vagare fantasioso, più che surreale, giacché gli elementi costitutivi delle stesse sospensioni hanno sempre riprodotto fisionomie e sembianze geo-ambientali: la terra, la natura, l’aria, l’uomo.
Colori primari, prevalentemente tenui o sfumati, e bene armonizzati tra loro, hanno concorso a rendere la fabula dell’artista un’aspirazione realizzata dell’uomo odierno: allontanarsi dalla terra, ma con le sue radici e la sua memoria. Cioè ancora al di qua dei marchingegni tecnologici, ancora, nel mito di Icaro, tra le sue ali organiche, più che nella storia, disincantata e asettica, della tuta spaziale.
Da questa poetica accattivante e sobria, ora lo stesso Vitale è passato alla natura-natura, reinvestendola non tanto della sua realtà palese e fedele, ma vivificandola da una diversa e più originale inventiva.
L’acrilico, omogeneo e deciso per la sua stessa fattura, ha cosi ceduto il ruolo alla duttilità dell’acquerello e alla morbidezza del pastello.
Alberi, ripiani, colline, case, presenze umane e orizzonti rivelano nella più recente stagione pittorica del «Marinese», un uso più sapiente e vibrato, timbrico e tonale delle superfici, dove l’asetto e il respiro delle campiture accolgono la suggestiva succulenta dei colori (equilibrate gradazioni di verde, giallo, viola, azzurro, arancio, celeste, seppia, terra), insieme al senso e agli umori del tempo. Le immagini si adagiano sugli ampi spazi bianchi dei fondi e dei contorni e con essi spontaneamente si fondono.
C’è in questa nuova fase del lavoro di Vitale una più consapevole presa d’atto del discorso portato oggi sulle rinnovate premesse della rappresentazione e comunicazione pittorica: se i mass media, per esempio, producono e riproducono simulacri e copie, fantasmi di una realtà spesso fittizia, l’arte dei nostri giorni in che rapporto deve porsi con l’immagine della stessa realtà e l’immaginario della creatività’? Il dibattito è aperto e denso di preposizioni al riguardo: spetta a ciascun artista portare il proprio personale contributo. E Vitale lo sta facendo.
Il secondo significato che avvalora in questa circostanza la mostra del «Marinese», è senza dubbio quella di farla coincidere con le manifestazioni dedicate al gemellaggio tra Marineo e Sainte Sigolene. un piccolo centro dell’Alta Loira, in Francia.
L’artefatto è questo. Lo scorso anno a Brighton, in Inghilterra, durante l’assemblea dei Comuni europei il Sindaco di quella cittadina francese espresse il desiderio di instaurare il predetto rapporto con un centro della Sicilia.
Un rappresentante del Comune di Marineo, Lo Vasco, che partecipava all’incontro propose allora il suo paese.
È nato così l’importante sodalizio che vede ora — con l’ospitalità offerta da molte famiglie di Marineo a trecento cittadini di Sainte Sigolene — la prima testimonianza tangibile del legame intrapreso. La Comunità Europea e il suo crescente bisogno di consolidamento si identificano in tal modo con la base, con le realtà territoriali e i diversi tessuti che le costituiscono. Una Comunità, dunque, che non continui soltanto a restare nominale nei fatti, nello scambio di rapporti e di interessi volti ad una crescita e ad uno sviluppo comune.
E che cosa se non una più approfondita conoscenza di risorse locali (culturali, politiche, economiche, umane ecc.) può rendere veramente contestuale la realizzazione del progetto Europa?
Vale la pena citare, a questo proposito, e in riferimento all’apporto che la cultura può offrire alla migliore riuscita di tale progetto, quanto ha affermato recentemente Gaston Thorn, responsabile della politica culturale della comunità Europea. Gaston Thorn ha detto, intanto, che

«le problème qui se pose aujourdhui à la culture est avant tout un problème social,

aggiungendo poi che per essere efficace

«la politique culturelle doit être conçue et appliquée le plus possibile de la population à la quelle elle s’adresse: au niveau du pays, de la region, de la ville, du quartier...

E la mostra di Mimmo Vitale dà una valida risposta culturale, territoriale e di base, a questa esigenza.
Francesco Carbone
Maggio 1984

I fogli di Vitale - Lucio Barbera

I fogli di Vitale

L’artista siciliano ben manifesta le sue radici che si esprimono in una immediatezza di sentimenti, in una purezza di espressione per nulla attenta alle gabbie razionali e tutta volta, piuttosto, ad una sorta di presa diretta con la fantasia, che a sua volta, ben tiene piantati i suoi piedi nel panorama e nel clima siciliano.
E da qui che Vitale spicca il suo volo, seguendo quell’imprendibile «raccontar di favole amare» che fu Marc Chagall cui la mostra omaggialmente è dedicata. Ma se in questo omaggio del grande bambino che inventava sorrisi pieni di lacrime si avverte una chiara dipendenza, tipica di una mostra a tema, riesce poi a Vitale di staccarsi dall’impegno, gravoso, assunto e di affrancarsi dall’omaggiato per se stesso.
E l’impressione è di un artista che passato da un’urgenza impressionista ad una narrazione realistica, abbia ora trovato la sua matura strada: non più un dire né un osservare, ma ora piuttosto un abbandonarsi. In ciò l’aiuta anche la tecnica adoperata che è quella immediata e lieve dell’acquerello la cui leggerezza sembra a sua volta gonfiare questi fogli, spingendoli, appunto, in un fantastico volo.
Lucio Barbera
La Gazzetta Del Sud
Ottobre 1985

Omaggio a Chagall - Ugo Moretti

Omaggio a Chagall

Un caso raro, se non unico, è quello del viaggio intorno al pianeta Pittura di Mimmo Vitale, l’artista di Marineo che per imprescrutabile destino ha percorso ogni possibile itinerario operativo fino a scoprire se stesso al punto di partenza, in quell’ambito originale dell’istinto che ha promosso la sua vocazione di pittore. La strada non è stata facile, ma la tenacia della ricerca, La curiosità delle tecniche, il sottile filo di Arianna che ha seguito per i labirinti della poesia, hanno fatto di ogni tappa il coronamento di sforzi immani e meditati.
Più che delle confessioni di un artista, (poiché Vitale possiede una pudica dignità dei suoi intimi sfoghi ed affida alle sue opere l’incarico di svelarsi) mi sono avvalso dell’indagine del repertorio a mia disposizione, anzi dei residui del repertorio, ed avrei preferito studiare e godere della summa operandi, prima che gli acquerelli di Vitale— questi fragranti messaggi di primavera siciliana — prendessero la via della Francia e, per la maggior parte, forse la migliore, rimanessero lì, a Sainte Sigolene come patto di leale e fruttuoso gemellaggio tra la cittadina della Loira e questa di Marineo, cuspide della corona delle montagne di Segesta. Ma quelli che ha portato indietro bastano a illuminare la personalità di questo artista passionale quanto taciturno, che ha riscoperto nell’acquerello l’espressione più autentica del suo afflato poetico.
La tecnica dell’acquerello sembra ai profani e superficiali la più elementare forma di dipingere: acqua e polvere variamente colorata, una mano svelta e spensierata, un cartoncino, e in pochi minuti l’effetto è raggiunto. Ma invece non è così
. L’opera dell’acquerello comincia a formarsi dalla scelta oculata della carta, che è la superficie dove la pittura va stesa in varie pastosità e deve rimanere con le stesse valenze cromatiche senza essere alterata dalla luce o dal deperimento della base. Poi i colori: debbono essere stemperati con la giusta dose d’acqua possibilmente depurata dalle scorie calcinose, bollita e raffreddata e la densità dei grumi va stesa uniformemente, per cui gli impasti risultino armoniosi ed omogenei. Poi il quid incognito: l’ispirazione poetica. Ecco che esce la personalità e l’altezza dell’artista. I palpiti della creazione, la grazia dell’atmosfera.
Prima però, voglio inserire quanto sarà possibile, l’iter pittorico di Mimmo Vitale. Parte in giovinezza dall’entusiasmo dei grandi Impressionisti. È un irruento e confuso amore che trova nella sua naturale sensualità un mezzo per esprimersi attraverso forme corpose, madide, ammalianti: la sciabola di luce sulla materia mettono in risalto il suo disperato bisogno di espressione immediata, l’impaziente ricerca d’identità, frugando negli archivi della carne, accettando la vita comune che gli si offre. E dall’impressione passa, senza accorgersene, al realismo. A questo punto, Mimmo Vitale entra in crisi: la propria identità si è frantumata in troppi rivoli ognuno dei quali pretende di essere il principale, ma nessuno è compiuto nessuno lo soddisfa.
La speculazione e la meditazione lo spingono a dare un taglio netto con i ricordi delle passioni e chiudere nel cassetto della memoria i sogni di un altro tempo, di un’altra gente, d’un altro clima. Cambia tutto, i materiali, il modo di procedere nell’opera, le finalità e i messaggi che gli nascono dalla profonda necessità di chiarire, organizzare, coordinare la propria vita di intellettuale che si rifiuta di produrre per il corticale piacere dei collezionisti o degli elogi carezzevoli.
Tutto questo lavoro, meditato e preconcetto nell’isolamento mentale e lucido, razionale nel suo studio di Marineo, ha portato Mimmo Vitale ad una sconsolata soddisfazione di avere capito che la vita di un uomo non può essere catalogata nelle schede di computers e frammentata in senzazioni programmate: perché non è la sua vita soltanto che può dipingere, ma l’esistenza complessiva degli abitanti del mondo; delle stazioni della terra, sensazioni più semplici per capire la vita: sua e degli altri.
Così ha bruscamente cessato di avere un rapporto con l’acrilico e con i concetti razionalizzati delle teorie, con il muro e la tela, ed è tornato alle origini della sua vocazione, umilmente come San Francesco, riprendendo gli elementi semplici e solari: la sorella acqua e i colori della natura. sulla scorta di un misticismo prezioso e segreto che va cercando la ragione degli istinti e non le conclusioni aride del razionalismo. Inserito, anima e corpo. nel contesto della civiltà contadina, Vitale ha voluto tornare a sentirne i sapori, gli odori i colori e proprio mentre si trovava in Francia, nel Marzo di quest’anno, la notizia della morte di Chagall, al quale si sentiva legato per le affinità di pittore «istintivo» e soprattutto per le comuni radici contadine, gli fa maturare un itinerario pittorico nuovo e la voglia di dedicare una personale al grande Maestro.
Come Marc Chagall, «il Marinese» ha fatto suo il principio del «fanciullino» di pascoliana memoria, sempre presente in noi, persuaso che la pittura sia una creazione che dobbiamo credere fatta come un sogno. Migliore occasione forse il Comune di Taormina non poteva offrire nel proporre questa personale tra le magnifiche sale di Palazzo Corvaja in quel crogiuolo ove si sono incontrati e scontrati pittori, poeti e artisti di ogni paese.
Credo che il pubblico attento e smaliziato capirà questo connubio Vitale—Chagall notandosi in modo chiaro la comune impostazione cromatica. Sulle opere di entrambi, infatti, domina il colore: caldo, fantastico orchestrato in armonica visione, ora raggrumato, ora morbidamente steso, ora opulento, caldo e sensuale come un estate che va declinando. Gli acquerelli hanno così il crisma dalla magica lirica, e Mimmo Vitale ne assapora il profumo, sente l’ansito del volo delle sue rondini, del corpo trasparente e delle ali compatte come lo spirito dell’artista che crede fermamente agli stimoli, ai suggerimenti della sua anima così semplicemente, così ingenuamente suggestionata dalla luminosa verità del suo paese.
I suoi simboli si manifestano in ogni quadro, tra gli alberi scomposti dal vento, emerso tra i rossi frutti dei fichidindia, tra il luccicore del cielo che Marineo ha catturato dalla limpidezza del mare visibile ma presente nel nome misterioso che rievoca tempi remoti quando i marinesi avevano innalzato la rocca feudale che ancora signoreggia nelle tante storie, tradizioni e leggende che hanno fomentato l’aurea fantasia di un figlio di questa terra a diventare un pittore e soprattutto un poeta.
Ugo Moretti
Ottobre 1985

Panorami della mente e del cuore - Giorgio Seveso

Panorami della mente e del cuore

Lo chiamano «il Marinese» e, difatti, il rapporto tra Mimmo Vitale e il suo paese, Marineo, vicino Palermo, è profondo e fondante, direi decisivo. Non si tratta di una mera questione anagrafica, di nascita o di residenza, bensì, appunto, di una «marinesità» che si è inserita e traspare nella trama stassa del suo lavoro d’artista, che si fonda e costituisce addirittura il baricentro stesso della sua poetica e delle ragioni del suo linguaggio espressivo. I legami profondi con le sue colline, con la natura e la gente che lo circonda sono le sponde all’interno delle quali s’è incanalata la sua immaginazione e sulle quali cresce, oggi, una pittura capace di fragilità e insieme di forze, di tenerezze liriche e insieme di asprezze umorali.
Ma si tratta, appunto, di un legame d’affetti e sentimenti, dal quale — potremmo dire — gli occhi rimangono fuori, poiché il lavoro di Vitale non è certo di genere «mimetico» o naturalistico. I suoi panorami, insomma, e i suoi cieli, le sue finestre, le rondini che si aggirano tra i suoi fogli e le sue tele sono più panorami della mente e del cuore che visioni ispirate direttamente alle cose intorno. Sono più transreali che reali, più onirici che cronachistici.
Ed è proprio su questa loro verità e consistenza, più poetica che interpretativa ed estetica, che si fonda il loro fascino sottile.
Giorgio Seveso
Marineo 1987

Un tratto di Sicilia a Brescia - Luciano Spiazzi

Un tratto di Sicilia arriva a Brescia

Un altro siciliano alla Permanente, Mimmo Vitale, detto il Marinese perché di Marineo, un abitato vicino a Palermo sistemato vicino una valletta che conduce al mare. Una minima geografia entro la quale questo pittore filtra tutte le essenze del suo lavoro. Si vedono volare rondini nei suoi quadri che non sono mai illustrazioni di facile vena pittoresca, ma esiti ricchi di sensazioni liriche. Basta il ramo fiorito di un albero che copre il suo rigoglio di rosso cotto delle tegole per stimolare la sua necessità di canto.
Possiede una buona tecnica, sa usare il taglio che dà risalto alla visione, rende poetici i frammenti di un mondo che lui conosce intimamente come una verità assorbita fin dagli anni dell’adolescenza. In grazia di questa aderenza totale della fantasia alla realtà unica e irripetibile dei suoi luoghi il Marinese riesce a trasporli su di un piano che perde le scorie naturalistiche per farsi sogno e vibrazione di sentimenti.
«Umilmente come San Francesco, ha detto uno dei suoi esegeti, Vitale riprende gli elementi semplici e solari, la sorella acqua e i colori della natura...».
Con il Marinese è un tratto di Sicilia che arriva a Brescia mantenendo intatta la sua fragranza mediterranea.
Luciano Spiazzi
Cresci Oggi
Marzo 1988

I Malavoglia - Everardo Dalla Noce

I Malavoglia

L’onestà di Mimmo Vitale il «Marinese», sta dentro. In fondo all’anima. Ed è laggiù che incontra se stesso, che si ritrova, che confronta la sua vita lontana con quella di oggi. Le speranze di un apertura fors’anche sacrificata, ma bella, la certezza di ragionare nel tempo con la gente, con chi lo capisce, con chi lo capisce meno, con chi (ma non è vero) non lo capisce affatto. In questa legge d’esistenza di valore radicale, culturale, morale e alla sua maniera di essere autentici, il «Marinese» si abbandona al disegno-comunicazione, al colore che evapora, alle genti senza volto e alla natura che le inghirlanda.
Leggero, quasi a non sfiorare gli incantesimi, curvilineo nella volontà di allungare gli oggetti, garbato nella coscienza di una educazione acquisita e offerta, ma nel contempo deciso a non subire fascini capricciosi di una età ricca di contrasti.
Ci sono nelle sue opere tutte le insegne, i simboli, la storia della sua terra, ma in quelle icone è l’atmosfera che racconta soprattutto gli episodi ad essa legati, così come gli stimoli, gli affetti. Pulito è il filo del pennello, come motivate sono le velature che scendono dolci seppure decise; persino graffianti le figurazioni comunque nitide nella voluta indicazione sommaria.
L’artista muove adesso le ombre di una tavolozza leggera e piuttosto sintetica sulla quale gli orpelli non hanno giustificazione. Non l’hanno e non l’avranno perché è lontano adesso il concetto delle apparenze della propria concezione di procedere, così come la finzione non può essere per lui materia di dialogo. La sua pittura è pulita perché è in essa che Mimmo crede.
Gli occhi nei volti spesso non esistono perché le rotture non sono del suo mondo che è in fondo alla sua anima. Sono gli occhi da inventare, da capire, sono occhi da costruire, da non incantare, da non visualizzare, da immaginare pieni soltanto di speranze umane da vivificare.
Artista interssante, al limite geometrico nella figurazione di sapore astratto che anima la tela.
Descrizioni indicative, mai obbligazioni a leggere contenuti.
Sporadici flash dell’uomo all’interno della natura neppure concettuosa, ma senza dubbio ammiccante nei confronti di chi l’aggredisce. E allora i panorami sono da scoprire perché protetti, nell’invenzione, da marmorizzazioni azzurre confondibili con cieli lontani nelle macchie di colore.
Nel proponente può mancare la materia. Anzi, non se ne coglie il concetto, non se ne gusta l’insieme —nella proposta indicativa — palpabile, verificabile, perfino dilazionabile in un percorso a seguire.
Ma la mancanza è frutto di volontà, fors’anche di trasgressione in un insieme di ricordi (e di realtà) che pongono l’artista al centro del sistema difensivo. Difendere l’immagine o proteggerla?
Ecco allora che la mostra palermitana nel segno de «I Malavoglia» finisce nel giustificare la delicatezza del periodo. «I vinti» nell’intendimento di Verga, primo di un ciclo di quattro mai compiuti così come in apparenza incompiuti sono i lavori del pittore. Pescatori di una «Provvidenza» affondata, minuta come Aci Trezza, come minuta è la vita corale dei suoi uomini, delle sue donne, dei suoi ragazzi la cui sorte è segnata — nella lotta per esistere — dalla terra e dal mare.
Ebbene, nel pennello sottile de il «Marinese» c’è sicuramente tutto questo gestito come si conviene ad un artista da uno sguardo autobiografico del credere. da un anima da consegnare a se stesso, che vuole rimanere nel tema. Un tema che è di sempre. Il tema della vita, delle sue miserie, dei suoi colori, delle sue speranze, dei suoi tradimenti, dei suoi fantasmi. Ma anche della speranza che è prima attrice. E in questo senso che cosa è cambiato dal 1881, anno de «I Malavoglia» ad oggi nello scavo archeologico dell’essere?
Nulla.
Everardo Dalla Noce
Settembre 1989

Una consolidata visione di dottrina antichissima - Everardo Dalla Noce

Una consolidata visione di dottrina antichissima

È impressione comune che le tele dipinte da Mimmo Vitale siano reminescenze di impressioni captate nella memoria lontana. Dunque, ricerca della verità che nel segno è totale allora diventa armonico e logico. E le emozioni sono sentimenti. In un mio precedente intervento sull’opera di Mimmo Vitale ricordo che accostavo la sua pittura ad un geometrismo di sapore astratto, però con anima e rilevavo come la mancanza di materia, intesa come successione palpabile, non guastasse l’insieme, ma al contrario la rendesse più misteriosa per cui maggiormente afferrabile. Traducendo: apertura alla natura. Ma la natura che cos’è per l’artista? Vitale la propone come in effetti si manifesta. Variabile attraverso le luci (e le luci sulla tavola sono, badate bene, estremamente mutevoli perché egli vive nell’ortodossia) e in azione dichiarata per arrestare lo spazio che fugge, che se ne va, che si cancella.
È la vibrazione di uno stato d’animo, di una materia di osservare ciò che accade attorno. Non si tratta, come si comprende, di una recezione passiva dei fenomeni quella che ci offre il Marinese», ma di una risoluta volontà di trovare una possibile soluzione. Almeno quella della memoria.
Ecco il concetto di base che si va perpetuando. Ecco il colore che acquista dimensione, energia, fenomeno lirico, tensione. Ebbene, la pittura di Vitale è così ricca di semplicità da credere in una forza liturgica possibile, raffinata, perché egli coglie quelle atmosfere che sovrastano la nostra vita.
Natura, vibrazione, atmosfere: questo il trittico dal quale nasce un colore nuovo d’indicazione poetica in una cornice ritmica e persino estrosa nei contorni. E non saranno i non-occhi del passato a rendere fantasiosa la sua pittura, quei non-occhi di manichini che soltanto in apparenza rappresentano figurazioni di congetture metafisiche, perché questa sorta di proposta è dedicata a chi persegue un’ inclinazione di speranza e di ottimismo che sfocia alla fine nella certezza.
Vorrei persino credere che, nella sua pittura, altro sia il concetto di trascendenza visto la delicatezza dei toni che sempre pervadono gli elaborati. Da qui la traduzione di un concetto basilare del «Marinese» non si arresta nel medio cammino, ma muove oltre l’ultimo orizzonte così che il sogno si smorza nello stupore. E diviene di fatto irraggiungibile perché comunque è sogno terreno, visione terrena, dunque offerto alla più alta contemplazione piuttosto che alla realtà oggettiva.
Ecco perché un quadro di Mimmo Vitale ti comunica piacevole tensione. La sua pittura è lineare, nobile, ricca di sapiente pennellata e di conoscenza giusta: pittura che, oltre alla corbeille già vista prende l’avvio da una modulazione sensibilissima, calibrata, spinta da un’istintiva forza che conduce ad una visione splendidamente comunicativa. Ebbene la recente produzione offre ulteriore freschezza fors’anche perché, di più aperta alle istanze della odierna cultura che sa estraniarsi dalle forme denunciando una consolidata visione di dottrina antichissima.
Essere del proprio tempo, dunque, non è un problema pure se — e lo vediamo nei particolari della sua opera — il colloquio, il dialogo o se volete il messaggio, non ogni volta appare facile e tranquillo. In sostanza, una tela di Vitale non rappresenta soltanto il soggetto o il colore plasmato in esso, ma molto di più. Le sue figure sono viventi, espressive, fanno giustamente parte del mondo e del tempo in cui esse sono e allora offrono i costumi e i secoli seppure in accenno giustamente sfumato.
È giusto, allora, indicare tutti gli stimoli e le occasioni che si muovono nella pittura del «Marinese» persino simbolica nella proposta per l’assolutezza dell’oggetto, ma se non contano qualche volta i pretesti per dipingere vale per sempre l’ispirazione così frequentemente esaudita per raggiungere quella semplicità poetica di cui si accennava in apertura.
E dunque si può insistere sulla fede, sull’amore, sulla personalità, sulla bellezza, ma anche sulla malinconia che, per quanto non scopertamente denunciata, nell’opera dell’artista è presente e dominante.
Quindi mi piace tornare sull’argomento-lemma leggibile nella pittura di questo artista: perché è in possesso di un gusto vero, raffinato, che si coglie nelle campiture e nell’entusiasmo che infonde proponendoci le cose più semplici della vita.
Everardo Dalla Noce

Vitale dipinge i personaggi della sua terra - L’Arena

Vitale dipinge i personaggi della sua terra

Mimmo Vitale, detto anche «Il Marinese» è il pittore alla cui opera la galleria «MD» di via Zimbelli dedica una mostra personale.
Nato a Marineo. piccolo paese della Sicilia, egli inizia ad esporre i suoi quadri fin dal 1964, continuando la sua attività pubblica in Italia e all’estero collezionando numerose personali e collettive. Dopo aver affinato le qualità tecniche e coloristiche della sua pittura, Mimmo Vitale sceglie di adoperare i colori delicati della gamma tonale, dipinge scene di sognanti visioni, svela immagini colme di contemplazione, estranee alla concretezza del reale.
«La sua recente produzione — scrive Everardo Dalla Noce — offre un interiore freschezza fors’anche perché di più, aperto alle istanze della odierna cultura che sa estraniarsi dalla forma denunciando una consolidata visione di dottrina antichissima». Mimmo Vitale, dunque, intende essere un pittore del suo tempo; dipinge i personaggi e le cose della sua terra senza trasfigurarle, appena deformandone le sembianze e collocandole in ambientazioni sfumate e apparentemente lontane.
Molto semplice, soprattutto nitida, la sua pagina pittorica si limita a raccontare la Sicilia positiva, quella della creatività e del lavoro, quella parte dell’isola — scriveva il sindaco di Palermo Lo Vasco — «che presenta il volto migliore della nostra terra.
L’Arena
08/11/1996